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Le osservazioni delle associazioni dei consumatori al ddl Concorrenza

Le osservazioni delle associazioni dei consumatori al ddl Concorrenza

Adusbef, Assoutenti, Casa del Consumatore, Codici, Confconsumatori, CTCU, Movimento Consumatori rivolgono al Presidente della X Commissione della Camera dei Deputati i propri commenti al testo del decreto

 Le associazioni Adusbef, Assoutenti, Casa del Consumatore, Codici, Confconsumatori, CTCU e Movimento Consumatori
hanno deciso di esprimersi in merito al disegno di legge Concorrenza. Si riportano di seguito le osservazioni indirizzate al Presidente della X Commissione della Camera dei Deputati.

Al Presidente della X Commissione della Camera dei Deputati
Le scriventi associazioni ritengono che le proposte del disegno di legge meritino grande attenzione da parte del Parlamento su alcuni punti cruciali che mettono a rischio i diritti dei consumatori ed utenti (quindi dei cittadini).

Andando all’esame articolo per articolo si segnala:
Articolo 17, assegnazione alle Camere di Commercio del compito di rilevazione dei prezzi indicati dal Garante (aggiunta all’articolo 2, comma 2 lettera C legge 580/1993). Si propone dopo “le modalità di rilevazione dei prezzi e tariffe sono definite da apposite linee guida adottate dal Garante….” di inserire “sentite le associazioni dei consumatori riconosciute ai sensi dell’articolo 137 codice del consumo”.

Articolo 19, portabilità scatola nera: si condivide la ratio del primo comma. Invece il secondo e terzo comma inseriscono il diritto dell’assicurazione di utilizzare i dati della scatola nera per calcolare il premio assicurativo, così profilando il cliente anche in momenti personali della vita privata come ad esempio gli spostamenti e la condotta di guida non connessa ad incidenti stradali. Sul punto esprimiamo un fortissimo e preoccupatissimo parere negativo: le “scatole nere”, dispositivi telematici obsoleti.
Si rileva come anche rappresentanti delle imprese assicuratrici abbiano dato atto in più sedi che le finalità dei dispositivi telematici, attualmente centrali nei piani industriali, sono di natura tariffaria e che non vi è sostanziale interesse a pretese finalità antifrode. Del resto si segnala che recentemente la Corte di Cassazione (Ord. 13725/24) ha dato atto che tali finalità non sono comunque perseguibili con gli attuali strumenti nell’attuale quadro ordinamentale. Per tale ragione, posto che l’interesse delle imprese assicurative è volto a “superare” il sistema del cd “bonus malus”, a favore di non definiti sistemi di pricing basati sullo stile di guida, restano immutate le forti riserve sull’utilizzo delle cd “scatole nere” che viene espressamente invocato per determinare “lo stile di guida” sul quale poi basare le tariffe. È infatti evidente che il concetto di stile di guida è aleatorio ed impalpabile e consentire di una determinazione dei premi sula base di tale fumoso parametro lascerebbe campo libero a condotte discriminatorie non verificabili oggettivamente che potrebbero legittimare incremento tariffari altrimenti non legittimi secondo il criterio del “bonus malus” ora vigente. Va poi rilevato che il trend di utilizzo dei dispositivi, una volta crescente, pare ora essersi invertito. Ciò sia per il moltiplicarsi di criticità in sede liquidativa ove, nel caso di sinistro, agli assicurati vengono contestate proprio sulla base delle asserite risultanze dei dispositivi, corresponsabilità che diversamente non sarebbero state eccepite, sia soprattutto per l’effetto lock-in dei dispositivi che fungono da dissuasori alla mobilità degli assicurati tra imprese. Per tale ragione appare apprezzabile l’annunciato intervento che, fissando caratteristiche minime dei dispositivi, garantirà la mobilità degli assicurati con benefici effetti pro concorrenziali. Andrà comunque tenuto conto che eventuali innovazioni normativi volte a superare le criticità evidenziate dalla Cassazione con la sentenza 13725/24 dovranno necessariamente contemplare la obbligatoria messa a disposizione dei metadati rilevati dai dispositivi, assicurarne la riferibilità allo strumento e la non ripudiabilità. Ad oggi infatti le “risultanze” del dispositivo messe a disposizione sono costituite da “report”, cioè da stampati cartacei, contenenti indicazioni di geolocalizzazione “interpretate” da terzi le cui valutazioni (e non i dati) sono riprodotti su supporto cartaceo a cura dei provider dei servizi telematici. Cioè, come ha chiarito la Cassazione, allo stato i “dispositivi” sono solo strumenti gestiti da privati per conto di privati per finalità non pubblicistiche.
Si rileva infine come i dispositivi di geolocalizzazione siano strumento oramai obsoleti e residuale posto che a partire dal 2 luglio 2022 tutti gli autoveicoli di nuova omologazione devono essere dotati di un dispositivo EDR (Event Data Recorder) nativo dunque montato da casa madre che costituisce un duplicato tecnologicamente più avanzato dei dispositivi assicurativi che vengono sostanzialmente utilizzati anche per finalità di marketing cioè per canalizzare, nell’immediatezza del sinistro avendo immediata contezza dell’evento crash, le riparazioni anche mediante l’utilizzo di call center dedicati.
Va quindi escluso l’utilizzo di dati personali, quali gli spostamenti in auto, qualsivoglia utilizzo ai fini commerciali e di calcolo dei premi.
Pertanto si chiede che il Legislatore valuti di cassare dal disegno di legge l’utilizzo dei dati ai fini di pricing.
Per completezza si osserva che sul secondo comma sarebbe giusto sancire il diritto dell’assicurato o l’utilizzatore del veicolo al completo di accesso a tutti i dati rilevati dalla scatola nera in quanto è troppo ristretto il diritto ai soli dati generici di percorrenza ed altro. Peraltro secondo l’architettura del ddl emergerebbe una asimmetria per cui le compagnie hanno completo accesso mentre il titolare del veicolo avrebbe solo un accesso parziale e filtrato.

Articolo 20, banca dati antrifrode per rapporti assicurativi diversi da rca: si tenta di introdurre l’ennesima intollerabile profilazione ed accumulo di dati, anche extra assicurativi, dei clienti. Serve davvero una Banca dati antifrode per i rami non obbligatori? Qualora si voglia insistere in detta banca dati va perimetrata per legge la natura dei dati raccoglibili e va affidata l’attuazione della legge non ad IVASS ma al Garante della protezione dei dati personali col necessario coinvolgimento delle associazioni dei consumatori.

Articolo 21, la proposta di Legge interviene sul codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, al fine disciplinare il fenomeno della cosiddetta «Shrinkflation», ovverosia la pratica dei produttori volta a ridurre la quantità di prodotto all’interno delle confezioni, mantenendo però il prezzo sostanzialmente invariato o, addirittura, aumentandolo, con la conseguenza di disorientare il consumatore che si trova a subire un aumento dei prezzi in maniera poco trasparente. Ai sensi della normativa vigente, i fabbricanti di prodotti destinati al consumo devono garantire che le informazioni relative alla quantità del prodotto (peso e volume) siano veritiere, nonché chiaramente visibili e leggibili dal consumatore sul preconfezionamento del prodotto. Può accadere però che alcuni prodotti subiscano una variazione al ribasso della quantità inserita nel preconfezionamento, a fronte di prezzi di acquisto invariati o in aumento. Infatti, la diminuzione del valore nominale della quantità di prodotto potrebbe accompagnarsi al mantenimento del prezzo precedente: ciò comporta un aumento del prezzo reale per unità di misura del prodotto, senza che venga però annunciato dai produttori e senza che risulti evidente ai consumatori al momento dell’acquisto. Per tutelare i consumatori rispetto all’effettiva quantità di prodotto acquistata e al costo realmente sostenuto, la norma in esame introduce l’articolo 15-bis del codice del consumo, prevedendo a carico dei produttori l’obbligo di garantire trasparenza, in caso di riduzione della quantità del prodotto rispetto al peso o al volume precedente, specificando l’eventuale aumento di prezzo indicato in misura percentuale. Tale adempimento deve essere assicurato tramite l’apposizione nella confezione di vendita di una specifica etichetta con apposita evidenziazione grafica. Tali informazioni sono aggiuntive a quelle già previste ai sensi dell’articolo 15 del codice del consumo. Viene stabilito, inoltre, che l’obbligo di informazione appena descritto si applica per un periodo di sei mesi decorrente dalla data in cui il prodotto è messo in vendita nella sua quantità ridotta. Si segnala che la Francia ha provveduto a notificare una norma simile ai sensi alla direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione. Si condivide la ratio del comma. La durata andrebbe estesa ad un anno. Manca, ad avviso delle scriventi associazioni, una norma di fondo che vieti ai produttori di mettere in commercio prodotti imballati in modo tale da suggerire una quantità di prodotto contenuta superiore rispetto alla quantità reale. In questo modo si ottiene l’arginamento del fenomeno “Shrinkflation” anche laddove lo stesso sia già in atto. Al di là dell’aspetto economico, le confezioni ingannevoli esercitano un impatto notevole anche sull’ambiente: gli imballaggi inutilmente grandi richiedono infatti un consumo di risorse (carta, petrolio grezzo come materia prima per la plastica, metalli, vetro) maggiore e generano più rifiuti del necessario.

Si propone pertanto di affiancare alla norma di cui sopra il seguente o un similare passaggio, inserendo la pratica commerciale fra quelle considerate scorrette.
In ragione dell’impossibilità di intervenire sull’articolo 23 Codice del consumo – in ragione del carattere di armonizzazione completa o massima della Direttiva 2005/29/EC e del carattere rigido della “Black List” di pratiche commerciali in ogni caso scorrette di cui lo stesso costituisce, insieme all’articolo 26 Codice del consumo, attuazione – si propongono le seguenti alternative:
a) l’inserimento, nell’articolo 21, comma 2, Codice del consumo, della seguente previsione: “una qualsivoglia attività di commercializzazione e/o immissione nel mercato del prodotto mediante l’utilizzo confezioni o tecniche di riempimento delle stesse tali da far apparire la presenza di una quantità di prodotto maggiore di quella effettivamente in esse contenuta”.
b) l’inserimento, nell’articolo 21 Codice del Consumo, quale comma 5, della seguente previsione:
“È considerata scorretta la pratica commerciale che consiste nell’offrire prodotti utilizzando confezioni o tecniche di riempimento delle stesse tali da far apparire la presenza di una quantità di prodotto maggiore di quella effettivamente in esse contenuta”.
La vigilanza sulla norma viene affidata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con l’ausilio dei Servizi Metrici delle Camere di Commercio. La mancata osservazione è da sanzionare come di rito.

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ConfConsumatori Taranto
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